di Claudia Boddi
Adozione coppie gay in Italia: il Vaticano contro la sentenza storica della Cassazione
Il 2013 si è aperto con una sentenza storica – sia dal punto di vista di chi la sostiene, sia da quello di chi ne è detrattore – della Cassazione secondo la quale un bimbo può crescere bene anche in una famiglia gay. Nella fattispecie i giudici avrebbero scelto il male minore – come appare sul quotidiano della Cei, (Conferenza Episcopale Italiana) – ovvero l’affido esclusivo di un figlio a una madre che convive con un’altra donna, rispetto a lasciarlo crescere con un padre violento. Un passaggio sensazionale, che spacca a metà l’opinione pubblica e non solo. Immediate infatti le reazioni del Vaticano che si scaglia contro il tribunale per la sua “pericolosa decisione” – come l’ha definita sull’Avvenire monsignor Vincenzo Paglia, presidente del dicastero vaticano per la famiglia.
Il caso specifico racconta di una madre, ex tossicodipendente che ha deciso di andare a convivere con un’educatrice della comunità di recupero presso la quale era stata ospite, e di un padre, di religione musulmana che ha compiuto atti violenti anche di fronte al figlio. I giudici, secondo il padre ricorrente, non avevano approfondito se la nuova famiglia, quella a cui la sua ex compagna aveva dato vita, potesse garantire “l’equilibrato sviluppo del bambino”, in relazione “ai dirittti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” di cui all’articolo 29 della Costituzione, all’equiparazione dei figli nati fuori dal matrimonio con i figli legittimi di cui all’articolo 30 e al diritto fondamentale del minore di essere educato in base ai principi educativi e religiosi di entrambi i genitori”. Con la sentenza depositata nei giorni scorsi, la Cassazione ha bocciato il ricorso del padre adducendo che a fondamento dello stesso si trovasse solo il mero pregiudizio poiché veniva dato per scontato ciò che invece era da dimostrare, ovvero il fatto che vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale fosse dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino.
A questo proposito, sempre attraverso le parole di monsignor Paglia, il Vaticano sottolinea che “il bambino deve nascere e crescere all’interno di quella che, da che mondo è mondo, è la via ordinaria, cioè con un padre e una madre. Il bambino deve crescere in questo contesto”. E prosegue affermando che, se capita di nascere con un solo genitore, si tratta “di situazioni drammatiche che non fanno testo”. “Inficiare questo principio infatti è pericolosissimo per il bambino anzitutto, ma per l’intera società”. Lungamente intervistato poi dall’emittente pontificia, il ministro del Papa per la famiglia continua dicendo che “con formule che promuovono un linguaggio neutro che portano quindi a non parlare più di padre e madre ma di genitore A e genitore B, rischiamo solo il ridicolo” perché “l’uguaglianza è una cosa, il rispetto della diversità è altro poiché proprio per avere un’uguaglianza robusta è necessario rispettare le diversità”.
Uno dei temi più complessi che il panorama sociale e civile ci propone e rispetto al quale, è obbligo ricordare, a fronte di chi grida alla modernità e alla lungimiranza dei giudici supremi, che siamo nell’ambito di un caso circoscritto, di una situazione specifica: con questa sentenza infatti la Cassazione non ha aperto l’adozione alle coppie gay – come poteva essere equivocato senza soffermarsi con attenzione sulla notizia -.
L’argomento è decisamente complesso e nello specifico l’affidamento di un figlio andrebbe giudicato caso per caso…un dato comunque mi pare certo: l’equilibrato sviluppo di un bambino non viene certo garantito da un padre violento, che esercita violenza sulla madre e sul figlio medesimo. Questo per ribadire che non basta dire famiglia per dire amore, perchè spesso il marito picchia la moglie, o i fratelli, se potessero, si scannerebbero l’uno con l’altro come cani rabbiosi e non come esseri umani. D’altronde, dice niente la storia di Caino e Abele? Eppure facevano parte della stessa famiglia…
La chiesa la critico da tanti punti di vista, pur essendo visceralmente cristiano. Nel merito, sono scettico sull’affido dei bambini alle coppie omosessuali, ma sono favorevole al riconoscimento delle coppie di fatto. Resta il fatto che la sentenza non verteva sul punto di un’adozione, anche se, indirettamente, toccava l’argomento.
Una buona famiglia, secondo me, è quella fondata sull’amore. Non sento il bisogno di fare tanti giri di parole.
A volte ho l’impressione che i dubbi di certe persone sulla funzionalità o meno di una famiglia con genitori dello stesso sesso si basi sul pensiero che il bambino possa essere influenzato nei suoi gusti sessuali, o che non sviluppi un’dea chiara dei ruoli… Se ci fermiamo a guardare il genere e la sessualità di una persona facciamo torto a noi stessi. Un buon genitore dovrebbe amare i propri figli ed usare sensibilità e intelligenza per facilitarne il processo di socializzazione ed affrontare i temi della sessualità, del pregiudizio e dei diritti.
Se a qualcuno interessa date un’occhiata al sito dell’Associazione dei genitori omosessuali, famigliearcobaleno.org
… la questione è destinata a far discutere, inevitabilmente … mi preme sottilineare la dichiarazione di monsignor Paglia … “il bambino deve nascere e crescere all’interno di quella che, da che mondo è mondo, è la via ordinaria, cioè con un padre e una madre. Il bambino deve crescere in questo contesto” … come sempre, più di sempre, la Chiesa un passo avanti 🙂 … sarebbe apparso come un segnale di apertura concedere che sia praticabile, come in ogni aspetto della vita, una via diversa, non assoluta ed esclusiva … ma la Chiesa è assoluta ed esclusiva, ritiene di essere lei sola titolare della verità, una e sola, quindi … non mi aspettavo certo una presa di posizione differente … amen
… ringrazio Simone Fabbri per l’intervento … fa piacere constatare che Postpopuli può essere la platea per un dialogo aperto, costruttivo, ricco di contenuti e punti di vista …
Nel mio caso, Simone, è un’impressione sbagliata, fidati. Io non sono pregiudizialmente contro il fatto che un bambino cresca con due genitori dello stesso sesso, e sono convintissimo che l’elemento di fondo sia l’amore: inoltre, sono sicuro che, a livello di capacità di amare, tante coppie gay potrebbero essere molto meglio di molte coppie etero (spesso terribili, non c’è dubbio). Dico solo che, se fossi io il bambino in questione, probabilmente, confrontandomi con gli altri con un babbo e una mamma, mi sentirei a disagio. E poi avrei il bisogno urgente (anche fisico) della mamma (o del babbo), naturali o adottivi che siano. Il casino è che non è facile chiedere l’opinione di un bambino, perché è difficile che sia così consapevole delle sue emozioni, quando è molto piccolo. Dubito però che la presenza biologica, psicologica e, aggiungo, energetica, di due genitori di sesso diverso possa trovare una compensazione, laddove mancante (e questo è sicuramente un problema reale anche laddove uno dei due genitori è morto o se n’è andato). Insomma, è una questione di lana caprina, e mi secca che la “prova” vada fatta (eventualmente) a spese di un piccoletto che non ha capacità e potere decisionale, ed è emotivamente ancora fragile.
Da una parte condivido le perplessità di Giovanni, ma dall’altra mi sento anche di dire: quante sono le coppie in cui i genitori trascurano i figli? Quante sono le coppie separate che usano i figli come arma contro il proprio coniuge? Anche in questi casi, il bambino cresce in una situazione di disagio, probabilmente ben più grave di quella che potrebbe vivere con due persone che gli vogliono veramente bene e si vogliono veramente bene…certo, anche da parte di una coppia omosessuale, è fondamentale che la scelta sia ben ponderata e che la coppia si assuma tutte le responsabilità del caso…altrimenti a farne le spese sarebbero, ancora una volta, i più deboli…
Hai ragione, Emiliano, la questione va valutata da tutti i punti di vista. Alla base, i figli non vanno né fatti né adottati a cuor leggero.
Anzitutto i miei complimenti a Claudia per il tatto con cui ha trattato l’argomento e, in particolare, per la doverosa puntualizzazione contenuta nell’ultima frase. Poiché l’informazione in Italia è morta (e non per i bavagli, ma perché sono scomparsi i cronisti in favore degli interpreti e dei guru) sui giornali abbiamo letto estensioni assolutamente false.
Qui non si parla di adozione, ma di affidamento del figlio a uno dei due genitori e la cassazione ha scelto il minore dei mali. Personalmente ne condivido la scelta.
Sul resto, è anche facile ora ricominciare con la tiritera della chiesa omofoba, ma il monsignore in questione avrebbe avuto da ridire anche se il bambino fosse stato affidato a un genitore eterosessuale, essendo la Chiesa contraria ai divorzi e quindi a bambini contesi (a prescindere dalla sessualità di chi li ha generati).
Andando sull’adozione (e non è questo il caso) io sono assolutamente contrario all’estensione di questo diritto alle coppie omosessuali.
Non certo per omofobia, ma per motivi che ora sintetizzerò.
Il primo è di carattere numerico: le domande di adozione di coppie eterosessuali che non trovano riscontro sono moltissime, ci sono più famiglie disposte ad adottare che bambini che verranno adottati, quindi incrementare il numero dei potenziali genitori adottivi è inutile, se non controproducente.
Il secondo è quello che ha detto Giovanni: mettendomi nei panni di un bambino, forse proverei disagio, se non addirittura vergogna, nell’avere due genitori dello stesso sesso. Tra di noi possiamo parlare di massimi sistemi e dei meravigliosi orizzonti che ha aperto l’illuminismo, ma provate a spiegarlo a un bambino di 7 anni. 🙂
È una cosa a cui pensa Giovanni e a cui penso io, ma a cui non pensano i gay che rivendicano questo diritto. E qui entra il terzo motivo: trovo meritevole di biasimo le lotte degli omosessuali che rivendicano il diritto all’adozione non per una questione di istinto materno o paterno, bensì pensando a quelli che sono i loro diritti, non quelli dei bambini.
Insomma, senza voler generalizzare (perché ci saranno senz’altro molti gay con la forte inclinazione ad essere ottimi padri e ottime madri) questi movimenti tendono a usare i bambini come clava da brandire per lottare nel nome del proprio interesse di categoria. Francamente mi sembra un atteggiamento molto egoista e vigliacco.
Per me i gay (e chiunque altro) possono fare ciò che vogliono della loro vita, purché non incidano su quella degli altri. E purché, magari, non scoccino con la storia della chiesa: non è obbligatorio averci a che fare, se i pronunciamenti sono contrari ai nostri principi basta girare i tacchi dall’altra parte, senza imbastire querelle stucchevoli e pretestuose.
Brava
Roberto, devo dire che, pur – sottolineo – non avendocela minimamente con i gay, sono d’accordo con te.
Il problema è esclusivamente culturale: la distinzione gay/etero; tanto per incominciare, è una distinzione che spero tra qualche decennio si possa considerare analoga a “tu hai i capelli biondi” “tu hai i capelli neri”; ma anche su questo punto in Italia, c’è ancora molto da fare. Per quanto riguarda la questione dei genitori etero o omo, sono gli adulti che ne fanno una…questione, non i bambini. Se gli adulti distinguessero le coppie genitoriali tra coppie in grado di amare dei figli e coppie non in grado di farlo invece che sul genere dei genitori, non ci sarebbe nessun disagio e nessun imbarazzo da parte dei bimbi…E’ solo la forza di nostri tabù ad impedire questo. Tabù comprensibili e per certi aspetti incolpevoli; ma sempre di tabù si tratta…
Sicuramente dei tabù ci sono, Luca, però, in tutta sincerità, non penso e non sento che, sul piano educativo e psicologico, sia solo questo il problema. Non ci posso far nulla, non sono convinto. E – ripeto per l’ennesima volta (per tutti, non per rispondere a te, eh), NON sono omofobo.
In linea di principio sono d’accordo con quello che dice Luca Moreno.
Ciononostante non è che i limiti culturali e i tabù della società possono essere abbattuti usando (perché di questo si tratta) i bambini come arieti sulla cui pelle ottenere il soddisfacimento delle proprie esigenze e rivendicazioni.
È abbastanza discutibile che per ottenere i propri diritti (se non addirittura rispondere a mere questioni di principio) si faccia leva (in modo strumentale quanto disinvolto) sulle persone più deboli e vulnerabili.
Un’osservazione sull’intervento (anzi, sugli ultimi due interventi) dell’amico Giovanni.
Vi sembra normale che una persona nel formulare una critica (legittima, educata e sensibile) a una battaglia dei movimenti gay si senta tenuta a precisare di non essere omofoba, quasi a giustificarsi, a chiedere scusa per la critica che formula?
È un po’ quello che è accaduto a me quando, in un commento qui su Postpopuli, mi sono sentito in dovere di precisare che il fatto che io abbia qualcosa da ridire sui bombardamenti della Striscia di Gaza non significa che io sia antisemita.
Qui si potrebbe aprire un dibattito circa il modo in cui la retorica politically correct abbia influenzato il nostro linguaggio e ci faccia pensare di commettere lesa a Sua Maestà quando si osa contestare qualcosa a certe categorie che una retrocultura ipocrita e dabbene hanno reso intoccabili.
A questo proposito, aggiungo l’esempio dei molti che quando contestano Balotelli chiosano con un: “non è perché è nero”.
No, non è perché è nero. E non sarebbe nemmeno necessario dirlo, se non vivessimo completamente immersi in un magma di retorica vuota e stucchevole.
Concordo con gli utlimi interventi sia di Giovanni che di Roberto. Il problema che ponete è verissimo!! C’è una specie di conformismo alla rovescia per cui se tu critichi, argomentando, un aspetto particolare di una questione diventi omofobo, antisemita ecc..Nel mio piccolo è successa una cosa anaoga anche a me. Si poteva essere o non essere d’accordo con la proposta Renzi ma quando il sottoscritto insieme ad alcuni amici abbiamo lavorato per lui, ci siamo sentiti dire di tutto “ma allora sei di destra!” …solo per fare un esempio. Guardate però che queste cose derivano dalla insicurezza delle persone che preferiscono, non tutte ovviamente, stare nella cuccia calda delle convinzioni codificate piuttosto che mettersi in gioco con valutazioni critiche e con i distinguo che sono invece il sale del ragionamento.
Quello che dici è assolutamente vero, Luca.
Va detto che, nel caso del tuo impegno politico a sostegno di Renzi, la cosa mi suona leggermente più sfumata, in quanto non c’era biasimo totalizzante, pervasivo e unilaterale nei confronti di Renzi come invece accade con l’omofobia o il razzismo. E ci mancherebbe altro che le cose fossero state diverse. 🙂
Roberto, hai ragionissima (e anche tu, Luca). Purtroppo è così. Dobbiamo semplicemente imparare (io per primo) a non farci condizionare. L’importante è rispetto di tutti (soprattutto dei più deboli) nella sostanza, non nella forma.
Sì, Roberto…ehehe hai ragione…il mio esempio non era molto calzante:-) Però vedi…abituato come sono a non subire discriminazione alcuna..behh…anche questa che ho fatto nell’esempio piccolissima.. ti fa sentie a disagio. Figuriamoci quindi le discriminazioni vere e serie!!
Ciao ragazzi…buona settimana