di Giovanni Agnoloni
La chiave per la felicità sta nella ricerca: ovvero nella via stessa, nell’itinerario verso la centratura emotiva, il Sé. Questo è il nucleo dell’identità, il luogo del Desiderio, della Vocazione (di qualunque tipo essa sia, artistica, religiosa, commerciale…), insomma il punto in cui intuiamo con chiarezza quello che siamo e ci mettiamo concretamente all’opera, oltre tutte le incertezze.
Un grosso problema, in questo itinerario personale – e io l’ho sperimentato da paziente e capito anche grazie all’aiuto del naturopata Andrea Cappelletti, oltre che di un bravo psicoterapeuta a cui mi sono rivolto in tempi recenti – è rappresentato dalle distrazioni del pensiero, che ci portano ad attaccarci a immagini che spesso sono proiezioni della mente altrui, interferenze con la nostra nota individuale, unica e genuina.
Siamo noi stessi a sapere meglio di chiunque altro che cosa “fa per noi”. L’inghippo sta nel trovare la nostra voce, prima e al tempo stesso oltre qualunque possibile segnale di disturbo proveniente da fuori, intendendo per “fuori” l’ambiente sociale in cui viviamo.
Una vita nella natura sicuramente ci confonderebbe molto meno le idee, perché qui sono presenti solo vibrazioni armoniose, che aiutano i nostri processi interiori meglio di qualunque altra cosa. In quest’ottica, il rapporto con le piante e gli animali può rivelarsi di una potenza assoluta.
Tuttavia, noi siamo animali sociali, e nelle relazioni umane ci realizziamo e cresciamo. Dunque, bisogna imparare a discernere ciò che è utile da quanto invece è inutile o dannoso. E scegliere di conseguenza. Con qualche avvertenza, figlia non di una mia presunta competenza accademica, ma solo del mio vissuto. Vediamo.
Una grossa mano, in questo percorso, ce la può dare un approccio del tipo di quello suggerito da Caterina Pardi nella sua riflessione sulla meditazione vipassana. In altre parole, non sempre l’intoppo, la persona odiosa o addirittura malevola che ci crea un ostacolo o un fattore-I (dove “I” sta per “incazzatura”) sono una cosa negativa. Infatti, spesso e volentieri – lo dico proprio per esperienza – rappresentano preziose sincronicità, perché mettono a nudo la nostra (iper)sensibilità rispetto a un problema intimo di noi stessi, insomma a una nostra dinamica irrisolta.
Nella mia vita, e soprattutto negli ultimi anni, ho tratto grande giovamento dal chiedermi, in tali momenti, a quale evento della mia infanzia si ricollegasse il tipo di fastidio che “quella certa situazione”, di volta in volta diversa, mi provocava. Insomma, mi domandavo: “Quand’è che mi sono sentito così per la prima volta (o almeno una delle prime, in tempi lontani)?”. Perché spesso e volentieri è nei primi cinque anni di vita, più o meno, che si verificano in noi quegli eventi-ferita che ci separano dal Sé, facendoci rifugiare dietro maschere che diventano delle corazze per nascondere il punto che più duole; ma in realtà aggiungono problema al problema.
È allora necessario prendere intensamente consapevolezza della fonte di quel disagio, dicendo a noi stessi (ognuno può trovare la frase più efficace per sé) “Io, nella mia nuda verità, non sono questo stato d’animo, ma accetto di provarlo adesso e di averlo provato allora.” E poi: “Ora sono interamente libero da questo stato d’animo”. È lo stesso principio dell’orthobionomy, dove non si interviene mai, anche a livello fisico, in modo correttivo, cioè contrario al blocco/tensione muscolare, ma lo si asseconda/accetta dolcemente, per innescare una reazione di riequilibrio spontaneo. Come mi ha insegnato una brillante terapeuta norvegese, qui a Firenze, può essere utile, per interiorizzare il messaggio di accettazione e poi quello di liberazione, inspirare ed espirare dopo ciascuna delle due frasi, ovviamente dette o pensate con consapevolezza, cioè mentre, in noi vibra con chiarezza lo stato d’animo da noi (junghianamente) “individuato” (ovvero “riconosciuto”, còlto in modo inequivocabile).
Così, vedremo probabilmente emergere, sotto il disagio rimosso (perché “cotto” nel “brodo” della consapevolezza, come le “patate” di Thich Nhat Hahn) un altro livello disarmonico, un altro problema, che potremo poi cogliere nella sua essenza e “sciogliere” esattamente come abbiamo fatto con il primo. E così via, avvicinandoci sempre più al Sé.
Ovviamente, in questo processo sia le persone “interferenti” di cui sopra (che tenderemo via via a incontrare in modo consonante con il disagio che stiamo progressivamente affrontando), sia quelle “consonanti”, e dunque di aiuto diretto, sia ancora i rimedi floriterapici o ancora altre terapie utili, come anche la psicanalisi classica, potranno essere preziosi alleati. L’importante è seguire la strada che sentiamo (attenzione: sentiamo, non “pensiamo”) più consonante per noi.
Finché la palude di ristagno del pensiero sarà bonificata e il sentiero del nostro percorso di vita si rivelerà in tutta chiarezza, per cui verrà automatico percorrerlo, esattamente come, in fase di corteggiamento, quando le cose funzionano, tutto viene da sé, in barba a qualunque manuale di seduzione.
Perché, come Simone Provenzano mi ha recentemente confermato attorno a un bel fuoco, il problema è sempre la mente. La soluzione è il cuore.
Hai toccato il nocciolo della questione in maniera semplicemente meravigliosa!!!Grazie Giovanni
Grazie mille, Stefano!
L’incontro con noi stessi è un pò come una danza, ha i suoi ritmi mai uguali, è trasformante ad ogni giro, accresce il nostro sentire e intanto vivifica.
A volte si procede altre si attende, oppure si indietreggia, magari si piroetta e forse ci si confonde un pò, ma è così che si apprende l’arte della sintonizzazione con la nostra e l’altrui musica.
Giovanni buona danza!
Grazie a te, Francesca.
Molto bello Giovanni…è un piacere seguire i tuoi ”percorsi”, gli altri son specchio di noi stessi…Andrea
Grazie, Andrea, e… quanto hai ragione. Le sincronicità/consonanze con l’Altro sono pressoché costanti. Anche perché, fondamentalmente, i nostri Sé sono un tutt’Uno.
Che meraviglia……. leggere tutto ciò! Grazie mille….
E’ bellissimo ” sentire “….. e sentirsi………..
grazie Giovanni !
Grazie ancora a tutti!
bellissimo, intenso e interessante post!
p.s ho apprezzato la tua sensibilità nell’indicare l’autore di ogni foto o immagine che hai utilizzato per il post!
purtroppo non è da tutti e spesso trovo le mie foto pubblicate e/o modificate senza autorizzazione! Grazie
Grazie, Janas! Continua a seguirci, e se vuoi proporci qualche tuo pezzo per il blog lo valuteremo volentieri!
ho riletto questo post a distanza di qualche mese. e poi ancora. oggi lo rileggo per l’ennesima volta. non riesco a staccarmene. lo trovo una sorta di vademecum di spunti, una serie di ammiccamenti a buone pratiche. completo, per quello che che può essere una discussione sull’anima e la psiche. se potessi cambierei solo il titolo: SPUNTI E APPUNTI PER UNA VITA CONSAPEVOLE.
giacché la felicità ne può essere conseguenza.
ancora grazie per questo bignami del cercatore.
Grazie a te, S.P. 🙂
Il titolo che proponi lo sposo appieno. Hai ragione. La felicità è conseguenza della consapevolezza.
Un caro saluto,
Giovanni
Completa minorita’ dei moralisti che pretendono che il nostro se’ sepolto sotto molte pelli e nascosto sia “semplice” … Lo scriveva Nietzsche quasi pazzo. La questione, probabilmente, e’ che lui stava dalla parte del cuore e gli altri dalla parte della ragione… ma quale “ragionata ragione”, quale morale, puo’ storcere il potere di comprendere il nostro carattere, il motivo personale di una vita???
“L’importante è seguire la strada che sentiamo (attenzione: sentiamo, non “pensiamo”) più consonante per noi.” Bel post 🙂 grazie. Spero non vi disturbi la morale se dico ridendo: con il Quore??? Ho sette anni.
Grazie, Michel. Il Sé secondo me, in sé, è semplicissimo… scusate l’allitterazione. Il casino sono gli involucri esterni, le maschere che ci costruiamo/costruiscono per impedirci di accettarlo. E tutti possiamo arrivare a comprenderlo (o magari a farsene com-prendere), ma con la ragione mi sa che non ce la faremo mai. Per avere sette anni, prometti bene! 😀
Oh… certo! Semplicissimo. Se noi cogliessimo la natura divina diremmo che e’ pura e semplice. Che il conoscere e’ immanente. Una concentrazione senza dispersione e soprattutto senza ossessione.
Questa natura è fondamentalmente amore, passione, desiderio. Se faremo di queste dimensioni, che sono il centro del nostro essere, il centro del nostro esistere, avremo costruito il regno dei Cieli sulla terra. Anche se siamo atei. E comunque sposo in pieno le tue parole: “una concentrazione senza dispersione e soprattutto senza ossessione”.