BUD SPENCER E TERENCE HILL. DEI B-MOVIES CHE HANNO FATTO LA STORIA

di Giovanni Agnoloni

Da “…Altrimenti ci arrabbiamo” (Wikipedia)

C’è una storia del cinema che passa attraverso i cosiddetti B-movies. Pellicole non di primo piano, ma che possono entrare a far parte della nostra vita. Così è stato per me con i film di Bud Spencer e Terence Hill (al secolo, Carlo Pedersoli e Mario Girotti), storica coppia della commedia italiana, anche se magari non di quella di “prima categoria”, che ci ha regalato una serie di “western” e “polizieschi” in salsa comico-cazzottara.

Ancor oggi mi ritrovo a guardare Lo chiamavano Trinità (di Enzo Barboni, alias E.B. Clucher, del 1970) e il seguito Continuavano a chiamarlo Trinità (dello stesso regista, del 1971), o …Altrimenti ci arrabbiamo! (di Marcello Fondato, del 1974), due pezzi fondamentali della loro produzione. E mi ci soffermo sempre, come se fossero dei capolavori.

Magari non lo sono, eppure fanno ridere, e tanto. E hanno segnato un’epoca, la mia, proseguendo, nel western, la vena ironica dei film di Sergio Leone, sia pure in chiave parodistica, mentre le pellicole ambientate nell’America degli Anni Settanta e Ottanta offrivano uno spaccato di quel mondo vagamente simile a quello di certi polizieschi alla “Callaghan” (pare un caso, ma in fondo in entrambi i filoni c’è di mezzo Clint Eastwood). Tra gli altri titoli, I due superpiedi quasi piatti e Nati con la camicia (entrambi di Barboni/Clucher, rispettivamente del 1977 del 1983).

Da “Chi trova un amico trova un tesoro” (Wikipedia)

Poi c’era il filone “caraibico-tropicale”, con  (di Sergio Corbucci, del 1981) e Io sto con gli ippopotami (di Italo Zingarelli, del 1979). Anche qui l’immaginario di riferimento era sostanzialmente un cliché, quello dei romanzi di avventura, un po’ alla Robinson Crusoe, ma in versione “evoluta”: carichi di banane, camion di merci su strade sterrate, barconi nella giungla, case in stile coloniale. E, in mezzo, queste due presenze caratterizzate, il gigante rozzo ma buono (Bud Spencer) e il compare magro e atletico (Terence Hill), che sembrano quasi una rivisitazione alla lontana dello storico binomio Oliver Hardy-Stan Laurel.

In tutte le vesti, comunque, quello che faceva presa su di me era il loro modo di fare dissacrante e “ingenuo”, che se ne fregava delle regole più ottuse, quelle senza senso, che servono solo ai potenti, generalmente dipinti, in questi film, come dei coglioni danarosi, circondati da goffi assistenti palestrati, bersaglio privilegiato delle loro inimitabili scazzottate.

8 Comments

  1. Francesco 08/02/2012
  2. Anonymous 08/02/2012
  3. Leonardo Masi 08/02/2012
  4. Giovanni Agnoloni 08/02/2012
  5. Marinette 08/02/2012
  6. Stefano 15/02/2012
  7. Andrea 29/03/2013
  8. Giovanni Agnoloni 30/03/2013
  9. Pingback: finale 09/02/2025

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